martedì 4 maggio 2010

Yes Man o Über Mensch ?

Ci sono quei film che guardi per farti solo due risate e film che guardi per avere delle risposte.I primi sono “usa e getta” che solitamente non si vedono più di una o due volte, magari in compagnia di amici o in situazioni di festa. Per come la penso io, alcune di queste pellicole divertenti hanno la stessa valenza (occhio al termine) dei drammoni strappalacrime e degli splatter di cattivo gusto.
I secondi, invece, sono quei film di culto che si mantengono nel tempo, si ricordano perché segnano la vita di colui che li guarda. Il vissuto dello spettatore si unisce al prodotto filmico creando un forte evento nella coscienza. Vedere un gran film ti cambia, è inevitabile. Non sei più la stessa persona.

Nella prima categoria figura spesso l'attore Jim Carrey. Nella seconda, anche.
Oltre alle stra note doti comiche dell'attore americano, ultimamente abbiamo avuto il piacere di vederlo recitare in alcuni ruoli più profondi, spesso tralasciando anche la venatura divertente.
Per citare qualche titolo : The eternal sunshine of the spottless mind ; The number 23 ; The Truman Show e l'ultimissimo I love you, Phillip Morris, tutte pellicole di grande valore artistico sulle quali spero vivamente di potermi soffermare in seguito (e magari lo faccio pure). Per una questione puramente cronologica, però, mi piacerebbe parlare di un altro film che magari in molti hanno visto ma hanno facilmente sottovalutato: “Yes, Man!”

Questa pellicola è un classico esempio di “via di mezzo”, un po' com'è stato con Truman Show. Ha un lato di puro intrattenimento con alcune sequenze veramente spassose (“I really like Red Bull!”) e un'idea di fondo che stimola molto la riflessione.
Sintetizzando al massimo, questa è la storia di un singolo uomo che un bel giorno decide di cambiare vita e assumere come imperativo categorico il “Si” in ogni situazione possibile ed immaginabile. Moglie nuova importata dall'estero? Si. Lezioni di una lingua inutile? Si. Partecipare ad un tristissimo party a tema Harry Potter? Si!
Non importa il COSA, è necessario accettare.

In realtà è molto semplice come trama, alla lontana ci potrebbe ricordare Liar, liar oBruce almighty, sempre (non a caso) con Jim Carrey nei ruoli principali, per le modalità di sviluppo degli eventi, anche se in questo caso non c'è nessuna magia di fondo. La decisione del protagonista di dire di “si” a tutto ciò che la vita gli presenta è presa consapevolmente, forzando la propria volontà e cambiando radicalmente modo di vivere.
Proprio questa è la chiave per interpretare le intenzioni mature di questo film. Si differenzia contenutisticamente dalle classiche commedie paradossali americane dal fatto che gli eventi sono, in un certo modo, fuori dal comune ma niente è fantastico. Non è costretto da nessuno, potrebbe scindere questo patto da un momento all'altro, non c'è nessun elemento esterno che lo obbliga, nessuna fidanzata lo lascia (oddio, in realtà si, però è fondamentale per acquistare la consapevolezza) e nessun bambino conta su di lui per avere nuovamente una famiglia riunita e felice.

  • Il protagonista prende in mano le redini della sua vita inconsapevole e, per viverla al meglio, si basa su un concetto, un'idea, seguendola ciecamente in un primo periodo, per poi interiorizzarla completamente in un secondo momento. Il “si” rientra nella definizione kantiana del termine “formale” indicando la modalità (accettare sempre) ma mai il contenuto dell'azione da compiere, che varia in ogni caso. Questo primo momento della vita di Carl coincide con il primo tempo del film, dove il protagonista compie la scelta fondamentale di diventare uno YES MAN (allontanandosi dal suo stato attuale di NO MAN) senza neanche sapere di cosa si tratti, proprio perché necessita di un cambiamento di prospettive.
  • Il secondo momento implica, invece, una riflessione da parte di chi compie l'azione. Non c'è più la cieca fedeltà all'ideale, perché proprio questo è stato demolito dalle parole del “guru” del film (il fondatore degli Yes Man) per cui anche l'imperativo smette di essere categorico e viene, finalmente, posto sul piano del dubbio. Avviene in questo modo quel passo avanti che, a mio avviso, è fondamentale per comprendere il grande apporto “benefico” di questo film verso chi lo guarda. Carl accetta le possibilità dell'esistenza ponendosi in maniera positiva verso di questa, senza accettare tutto inconsapevolmente, ma neanche rifiutando ogni novità che gli viene suggerita. Ora lui ha le capacità per valutare il meglio all'interno di una situazione. Il “Si” è ormai parte di lui, non ha più bisogno di imporsi sulla sua volontà, perché questa si è automaticamente conformata al si.
    Carl ha detto “si alla vita” così come ci consiglia Nietzsche, ha ascoltato la sua volontà e ne ha fatto potenza.
Non vi nascondo che questo film mi è stato di grande aiuto, principalmente per quella che è stata la mia esperienza di vita, per cui la passione con cui ne parlo non è affatto “accademica” ma genuina e originaria. Spesso è facile ritrovarsi nelle situazioni di un film, magari dopo averlo visto, ci si fa una risata sopra. Yes Man è la fotocopia della mia vita. Non scherzo! Solo che, fortunatamente, l'ho visto  dopo aver diretto il mio personale “film” ed essere uscito fuori da una situazione da NO MAN in piena regola.
In secondo luogo rientra a pieno nelle tematiche etiche che sono solito trattare nei miei studi in filosofia, infatti, il “passo avanti” di cui parlavamo è molto simile a quello compiuto dall'etica fenomenologica rispetto a quella kantiana. Il merito di Husserl, padre della fenomenologia, nelle sue "Lezioni di etica formale", è stato quello di ridare senso all'esistenza. Di colmare nuovamente il contenuto dell'azione morale.
Non ha senso dire di si a tutto, questo lo si capisce benissimo dalle avventure/disavventure di Carl. E' solamente il primo passo questo, fondamentale per l'apertura verso la vita, è necessario però completare questa esperienza e rendersi protagonisti delle proprie scelte fino in fondo, senza lasciarsi accecare da un principio, per quanto “buono” possa essere. Parlo anche di guerre sante, fondamentalismi e di tutte quelle dottrine che chiudono gli occhi invece che aprirli definitivamente.
L'etica della scelta è presente nel finale del film, come aspetto conclusivo di un processo lungo e faticoso che implica una grande forza di volontà che anche un personaggio, apparentemente inetto, come quello di Carl riesce a trasmettere.

Jim Carrey, come sempre, riesce a farci ridere (e parecchio!) ma questa volta ci parla di noi stessi e di come è possibile cambiare senza lasciarsi andare. Vi segnalo una sequenza (click please!), veramente molto divertente, dove al protagonista viene rimproverato proprio il fatto di essere sempre stato un “morto vivente”.