martedì 15 giugno 2010

Funny Sandler



Mi piace vedere film comici, forse l'ho anche già detto un paio di volte.
Non solo mi piace ridere, ma se la risata è accompagnata da una riflessione la cosa diventa veramente interessante.

Spulciando tra la filmografia recente di alcuni tra i più importanti attori comici di questo periodo è saltato fuori un film del 2009: Funny People. Molti dei miei amici lo avevano visto, io avevo anche tentato di farlo ma dopo un pochino mi ero stufato. Forse non era il momento adatto.
Fatto sta che ho ripreso in mano il dvd e mi sono concentrato su queste 2 ore di comicità americana, cosa ho scoperto? Non solo una commedia, ma un film che parla della comicità.

Ok, in breve, come sempre, rendiamo questa parte di “trama” una cosa veloce ed indolore così chiunque voglia vedere il film lo potrà tranquillamente fare senza dover pensare “Mh, il Bigio mi ha spoilerato tutto, che me lo vedo a fare?

Il protagonista, Adam Sandler, “The Sandman”, che interpreta un suo alter ego attore comico dal passato glorioso e dal futuro incerto, tale George Simmons. Questa mancanza di creatività viene accompagnata da un malessere che si rivela essere più grave del previsto, una malattia al sangue che potrebbe portarlo ad una morte certa entro poco tempo. George si ritrova costretto a mettere in discussione la sua intera esistenza e rivalutare ogni piccolo aspetto della sua carriera/vita privata con l'aiuto di Ira, giovane comico esordiente.
Sembra anche troppo semplice, una cosa banale, magari, vi chiederete voi, alla fine del film lui guarisce e trova una bella fidanzata per vivere felice e contento. Sarebbe banale se la trama si fermasse dove ve l'ho raccontata, in realtà questa serie di eventi si concludono entro la prima metà della pellicola. A mio avviso, però, la seconda metà risulta così pesante (proprio perché sembra una cosa “in più”) da risultare noiosa, nonostante sia la conclusione di una trama con degli sviluppi interessanti.



Non parliamo più di eventi, adesso, iniziamo a scavare.
Che ruolo ha la comicità in questo film? Sandler nel finale dice “Comedy, usually, is for funny people”. Ma è sempre così?
Da quanto si evince dalla storia, George, proprio come Ira, era una persona divertente. La sequenza introduttiva del film è un collage di una serie di homemade video del giovane Adam Sandler durante i suoi esordi su Mtv o SNL. Questo dimostra che, telecamera o meno, lui era un ragazzo talentuoso che non mancava un'occasione per fare battute o scherzi, inventare personaggi e situazioni assurde, per ridere e far ridere. Questo è essere divertente e divertirsi. La comicità è un'altra storia. George diventa un comico quando si vende all'industria della risata e diventa la star di alcune pellicole imbarazzanti dal punto di vista qualitativo. Quasi come i nostri cinepanettoni.
La differenza tra la “comedy” e le “funny people” ce l'abbiamo di fronte dall'inizio del film, poiché, proprio per la sua mancanza di entusiasmo, George si serve del talento giovane e creativo di Ira per rinascere. Si nutre del suo stupore per ogni nuova situazione e per la voglia continua di mettersi in gioco anche per ricevere uno spazio di due minuti su un grosso palcoscenico.
Un secondo elemento che ci permette di dividere questi due aspetti della comicità è la testimonianza del personaggio interpretato da Eric Bana, il quale aveva dei grossi pregiudizi su George, reputandolo un'idiota, deducendo il suo carattere dai film ai quali ha prestato il volto. Una volta conosciuto meglio e trascorso un'intera serata con lui dovrà ricredersi, lui è in effetti una “persona simpatica” e continua ad esserlo nonostante la sua carriera.

Il comico di professione perde l'aura della comicità, come direbbe Walter Benjamin, e si abbandona alla riproduzione tecnica della risata. Un processo meccanico, privo di qualunque originalità e valore storico.

Questo dualismo ci appare molto chiaro anche grazie alla presenza della malattia che affligge il protagonista. Nel momento in cui George guarisce da questa (sempre dicendo che potrebbe tornare da un momento all'altro) capiamo bene che qualcosa è cambiato anche nel suo modo di vedere le cose. Il George malato è il commediante privo di comicità, quello sano è la “persona simpatica” che di mestiere si diverte a far ridere la gente. Possiamo dire che riesce a guarire proprio grazie alle “cure” di Ira, talmente affezionato a lui che lo accompagna fino al momento di andare a dormire e continua a stargli vicino anche mentre dorme.
La comicità (e l'amicizia in questo caso) è la migliore medicina, questo film ce lo dimostra in più occasioni. Concludo citando la divertente sequenza (che non riesco a trovare su Youtube!) dove George e Ira prendono in giro il medico dall'accento svedese, trasformando una drammatica visita ospedaliera ad un malato quasi terminale in una comica che si conclude, appunto, con l'affermazione del medico verso Geroge : “You're a funny man”.


giovedì 10 giugno 2010

V per Visione




Parlando del film “V for Vendetta” bisogna premettere che non ci troviamo di fronte ad un comune action movie, ma a qualcosa di differente.
Il film dei fratelli Wachowsky fa parte di quella nuova generazione di pellicole che uniscono un virtuosismo tecnico ad una grande profondità di temi e contenuti. Queste vengono spesso premiate per la fotografia, il montaggio e la regia, ma poco compresi dal grande pubblico, in quanto trattano temi complicati e, alle volte, disturbanti. L’argomento che accomuna le produzioni di questi registi è, come in questo caso, la Vendetta.
Un secondo elemento che li associa è il costante utilizzo di citazioni. Tarantino è conosciuto dal pubblico come il regista delle citazioni, dagli spaghetti-western ai b-movie, dai primi horror italiani (Argento e Fulci) ai kung-fu movie degli anni 70 e 80. Basta prendere in esame il suo ultimo prodotto, Kill Bill, è una serie continua di scene prese in prestito da altri film. Molti lo apprezzano, ad alcuni non piace, ma comunque questa è la realtà e la cinematografia sta avendo buoni risultati grazie a queste pellicole.
Per parlare di questo particolare film (e non della graphic novel dal quale è tratto) mi piace sempre ripensare a quei pochissimi minuti del finale, dove viene espressa l’esplosività di questa pellicola. Ciò che, a mio avviso, lascia il segno, dopo la visione di “V for Vendetta”, è la potenza che sprigiona nelle singole scene, nell’uso dettagliato dei colori e delle luci, della musica e, ovviamente, della computer graphic. Come ho precisato in precedenza, la forza di questo genere di film è nella tecnica originale, grazie all’uso magistrale dei mezzi che il progresso ci fornisce.

Il film è devastante, è il manifesto di una rivoluzione su celluloide, è il genere di film che adoro. Una pellicola del genere riesce a comunicare in modo eccellente il suo messaggio, non lascia nulla al caso e al fraintendimento, è una vera e propria opera d’arte. E’ un film per coloro che non si accontentano di aprire la finestra di casa e osservare quello che li attende fuori, è per quelli che vogliono cambiare la realtà in cui vivono
Quando si aprono gli occhi per guardare il mondo ed è proprio questo mondo che non ci piace, è giunto il momento di cambiarlo. V per Vendetta aiuta a chiarire le idee, specialmente ad un ragazzo adolescente che deve decidere in questi pochi anni quale sarà il proprio futuro.

Ci troviamo in una Londra futuristica, leggermente retrò, di chiarissimo stampo orwelliano. Apprendiamo dal televisore acceso in camera dei due protagonisti che gli Stati Uniti d’America non esistono più, a causa di una grande guerra civile che ha portato al collasso la superpotenza. Nell’Inghilterra di questo ipotetico futuro prossimo vige una dittatura totalitaria. Lo slogan di propaganda di questo “Grande Fratello” è : “Unità attraverso la Forza; Forza attraverso la Fede“. Apprendiamo in seguito che ogni singola figura del governo è controllata da un consiglio superiore, presieduto da un dittatore: l’alto cancelliere Adam Sutler. L’informazione, la religione, la polizia ed i castigatori, una squadra di vigilanza segreta molto simile alle SS naziste o alle nostrane Camice Nere, sono gestiti dalla dittatura che si occupa di creare un clima vivibile per la nazione, nascondendo il totalitarismo dietro la maschera di una democrazia. Nonostante i vari tentativi del regime, i cittadini di Londra hanno il sospetto che la loro libertà sia minacciata e le squadre di repressione rinchiudono in campi di prigionia le minoranze etniche, religiose e sessuali.
In questo contesto si inserisce la figura di “V”: il protagonista senza nome e privo di un volto, salvo per la sua maschera, che riprende le fattezze del rivoluzionario inglese Guy Fawkes. L’identità del personaggio è celata in ogni suo piccolo particolare, infatti, la maggior parte delle frasi che pronuncia all’interno di film sono delle citazioni. Lui stesso non è altro che un grande riferimento, la rappresentazione vivente di un ideale più grande, come viene spiegato al termine della pellicola: “Era Edmòn Dantés. Ed era mio padre e mia madre, mio fratello, un mio amico, era lei, ero io, era tutti noi”. Non si è voluto dare al personaggio di V un’identità innovativa perché lui stesso è il frutto della società in cui vive e la racchiude completamente, nei lati positivi ed in quelli negativi. Ci ricorda quel solitario Fantasma dell’Opera, rinchiuso nel suo sotterraneo, ma non quello dell’Operà Populare di Parigi, bensì una zona nei pressi della metropolitana londinese, il quale ardisce una congiura contro il governo.

Scocca la mezzanotte, inizia così il 5 di Novembre, giorno di rivoluzione, il giorno della congiura delle polveri.
La Vendetta ha inizio, è il primo atto dell’opera, appunto, l’Ouverture.
Suonano le campane e dal nulla si espande una musica travolgente; V ed Evey si trovano sul tetto di un palazzo, ed il direttore di questa orchestra improvvisata è pronto per cominciare. Tiene il tempo con la bacchetta e solo dopo pochi secondi di attesa arriva il tanto bramato crescendo: il palazzo dell’Old Bailey esplode. Nel caos più totale risuona la musica di Tchaikovsky, l’Ouverture 1812, tema musicale più che caro alla rivoluzione russa, gli strumenti a percussione si confondono con le esplosioni e con mille fuochi artificiali di colori accesi, crolla una parte della tradizione inglese che rappresenta ormai solamente la dittatura.
Questo primo atto terroristico di V innesca automaticamente nello spettatore una domanda : Ma è realmente giusto tutto questo? Con il pretesto di una rivoluzione è possibile infrangere una legge morale, come può essere il “non uccidere”? Il quesito riuscirebbe a metterebbe in crisi il filosofo tedesco Immanuel Kant, colui che ha chiarito il problema della morale una volta per tutte nella sua “Critica della Ragione Pratica”, ma che ha parlato anche esplicitamente di diritto nella "Metafisica dei Costumi".
La tradizione filosofica britannica (ed in seguito americana), sul tema politico e delle libertà ragiona in maniera differente da quella tedesca, infatti, a partire dagli albori della rivoluzione inglese ci troviamo di fronte ai testi sul liberalismo e sulla tolleranza religiosa di John Locke e quelli utilitaristici di John Stuart Mill. Locke anticipa il pensiero politico della rivoluzione americana dichiarando con fervore quali siano i diritti dell’uomo, tra cui il diritto alla rivoluzione.
Dall’esperienza visiva di V for Vendetta apprendiamo che V è un convinto liberalista e la sua identità di terrorista o rivoluzionario, come viene definito dal governo inglese, diviene quella di un vero e proprio eroe e patriota, com’è lo stesso Guy Fawkes agli occhi del popolo inglese. Che V sia un convinto “Jeffersoniano” lo attesta una delle numerose citazioni, che, ironia della sorte, è divenuta la più famosa dell’intero film, nel quale esclama “Non sono i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli”. Da un punto di vista ontologico il film è permeato dall’idea nietzschiana del “Distruggere per Ricreare”, dove creare un mondo diverso è possibile (anzi, necessario) ma prima di tutto bisogna distruggere quello in cui viviamo.

Un elemento costitutivo dell’intera vicenda è quello che maggiormente mi ha colpito, la domanda che mi sono posto durante il film, quando la Vendetta stava per compiersi e la rivoluzione era quasi conclusa. Una volta che il vecchio governo crollerà, sarà lo stesso V a prendere il comando dell’intera nazione? Commetterà anche lui lo stesso sbaglio che commise Oliver Cromwell dopo la rivoluzione inglese? Speravo con tutto il cuore che questo non avvenisse e, per fortuna, il mio dubbio venne chiarito nelle scene finali.
V salverà l’Inghilterra dal regime totalitario, ma, allo stesso tempo si accorgerà di non essere adatto al nuovo mondo che lui stesso ha contribuito a far nascere. Lui, il figlio di una dittatura, è stato forgiato dal fuoco della Vendetta, esposto a diversi esperimenti da parte del governo, questo ha fatto crescere il germe dell’odio. E’ un mostro, se lo vogliamo guardare da questo punto di vista, ed è così che Evey lo chiamerà dopo averlo conosciuto in modo accurato.
E’ memorabile il confronto tra i due protagonisti nel momento in cui prendono consapevolezza dei propri veri sentimenti, quando aprono finalmente gli occhi per guardare il mondo. V scopre l’Odio e la Vendetta attraverso il fuoco e le fiamme di un grande incendio, Evey viene bagnata dalle fredde lacrime del cielo di Londra che implora di essere liberato dal grigio che la opprime, in questo modo lei stessa diviene la luce di un nuovo futuro per il mondo. È lei la vera erede di V, colei che ancora riesce a giudicare ingiusta un azione di vendetta e che mantiene una propria morale, solo lei avrà le capacità di comunicarle al mondo. V non è altro che un messaggero, lui ci annuncia un mondo nuovo, è Zarathustra, ma sicuramente lui non farà parte di questo futuro perché appartenente al passato, proprio come la dittatura. Non è un caso che nella notte del 5 Novembre V distrugge il Parlamento e abbatte il governo, ma allo stesso tempo viene ucciso da questo ed esplode insieme a lui nel treno bomba diretto verso i sotterranei. Il futuro è in mano ad Evey, oltreuomo di un oltremondo, o semplicemente, speranza di un futuro migliore.

Ancora una volta si compie la Vendetta, pochi secondi e nuovamente tuona nell’aria la musica di Tchaikovsky, il bagliore delle esplosioni è accecante, finalmente il Parlamento è saltato in aria. Durante l’ultimo movimento di questa Sinfonia di Distruzione, l’intera Londra si toglie la maschera di V, non ne ha più bisogno, ora è libera.




Mi faccio perdonare del ritardo!



Purtroppo, in questo periodo di esami, tesi e pensieri vari non trovo il tempo per vedere un bel film e parlarne nella maniera in cui mi piacerebbe farlo.


L'Occhio Scavatore continua a vivere nella mia testa, è il terzo occhio sempre aperto che ho sulla fronte e continua nella sua opera di riflessione sul cinema e sul presente. Quello che circonda quest'occhio, ossia il corpo che lo contiene, non ha tempo per scrivere! Come fare allora?

In attesa di un nuovo scritto, vi propongo una cosa un pochino "attempata", l'ho infatti scritta per un concorso durante l'ultimo anno di liceo. Però, anche a quell'epoca l'Occhio scavava eccome, ve ne potrete accorgere da soli leggendo questo articolo su V FOR VENDETTA dei fratelli Wachoswky!

A presto!