venerdì 16 aprile 2010

Ommioddio Tuailaaaait!

Ricordo ancora un recente episodio di follia collettiva quando, durante la Festa del Cinema di Roma di due anni fa, ho visto passeggiare sul red carpet i due giovani protagonisti del film più atteso del millennio, dietro a sei file di ragazzine scalpitanti. Avatar? Il sequel di "Citizen Kane" diretto da un Orson Welles zombie? No, macchè... Twilight!
Non mi piace troppo Kristen Stewart. Non mi piace Robert Pattinson. E non mi piace neanche la saga di Twilight, se è per questo.

Però...c'è da dire che nel panorama cinematografico mondiale è sempre più comune parlare di adolescenti oppure parlare AD adolescenti. Che è ben diverso.

Prendo come esempio proprio la signorina Stewart che, durante la sua esordiente carriera, ha già attraversato entrambe le fasi ma, sfortunatamente per lei, si è arenata in quella fossa melmosa che è il cinema adolescenziale: i cosiddetti teen movie che tutti conosciamo bene. Infatti, oltre alla citata Twilight Saga (tre episodi cinematografici per ora), sarà co-protagonista di “The Runaways” con Dakota Fanning, l'odiosa bambina de “La Guerra dei Mondi” di Spielberg.
Io, in sua difesa, sono anche convinto che non sia una cattiva attrice, magari che sia una ragazza profondamente antipatica (lo deduco dai photoshoot delle varie anteprime e dai personaggi che sceglie di interpretare al cinema), ma che sicuramente i ruoli che fino ad ora le sono stati affidati è stata capace di portarli sul grande schermo con risultati qualitativamente buoni. Non mi soffermo troppo sul discorso Bella Swan di Twilight e compagnia “bella” (ammazza che simpaticone) poiché, essendo un personaggio noto principalmente per il suo seguito cartaceo, rischio il linciaggio non avendo mai letto alcun libro della Saga della Meyer. Ho deciso, come di mio solito, di procedere attraverso un piccolo confronto che trova come filo conduttore proprio le interpretazioni della Stewart.

Prendo in analisi il film “Speak” [Speak - Le parole non dette, 2004], anch'esso noto per la sua traduzione filmica dallo scritto di Laurie Halse Anderson e vincitore del premio come miglior film al Woodstock Film Festival. Molto simile, per tematiche ma non per modalità di messa in scena, al recente (e immensamente superiore) “Precious: based on the novel Push by Sapphire” in lista per una serie di Oscar durante quest'ultima premiazione degli Accademy Awards.
I film hanno numerosi elementi in comune. Entrambi sono tratti da romanzi di autrici donne, ed entrambi raccontano storie di ragazze adolescenti violate e con situazioni difficili da affrontare in famiglia. Queste sono pellicole formalmente mature che affrontano l'argomento dell'adolescenza e tutte le problematiche che ad essa sono collegate, attraverso la rappresentazione di un evento traumatico. Ad ogni storia, ovviamente, segue un suo sviluppo particolare, per cui in Speak è presente il tema molto forte della incomunicabilità del trauma subito attraverso le sole parole e una forma di salvezza nell'arte visiva. In Precious, invece, la realtà di profonda povertà in cui è immersa la famiglia della protagonista ci permette di riflettere sullo squallore e la totale incoscienza di una violenza subita che, agli occhi di uno spettatore, appare lampante e aberrante.
Questi temi riflettono l'intento sociale dei film di raccontare uno spaccato di vita reale ed una istantanea, appunto, sociale delle condizioni di vita di un'adolescente americana, che sia bianca o nera.
Devo ammettere che ammiro particolarmente Precious per le modalità in cui queste tematiche sono espresse, la fortissima soggettività che si percepisce durante lo scorrere delle sequenze. Si vive il dramma nella pelle di Precious, la ragazza obesa violata dal padre, attraverso i suoi occhi e la sua immaginazione. In alcune sequenze avviene una sorta di isolamento dalla realtà, un piccolo viaggio ad occhi aperti nei meandri della fantasia, dove la ragazza sogna di essere amata, corteggiata, di vivere una vita serena. Altre sequenze, invece, hanno del ridicolo e sfociano nel grottesco, ma in complesso credo che il film meriti di essere visto.

Tornando al discorso principale, il film Twilight [Twilight- Eagle Pictures, 2008], come tutti sappiamo, si serve anch'esso delle prestazioni “imbronciate” di Kristen Stewart, ma attraverso un filtro molto diverso da quello di Speak. Questo (o meglio, questi, dato che è una saga) sono dei film immaturi per gli adolescenti. Il target a cui mirano non è lo stesso, poiché non è presente alcuna introspezione diretta, alcuna messa in scena della soggettività, non esiste una riflessione di alcun genere. Questo mio giudizio è criticabile, in quanto non sono un grande esperto dei film della saga, avendone visto uno solo e non conoscendo affatto i libri, ma a meno che non ci sia una sorta di interpretazione allegorica della vicenda tra vampiri sbrilluccicanti e licantropi dagli addominali titanici, io non leggo alcun elemento di autocoscienza. Questi film non trattano il tema dell'adolescenza, si limitano a raccontare una storia agli adolescenti, creando un prodotto adatto unicamente alla loro fruizione.
Niente da condannare, intendiamoci, a ognuno il suo, ma è solo una gran bella differenza che deve essere presa in considerazione.

Questa è stata una piccola digressione sulle tematiche che solitamente tratto, sperando di riuscire a scrivere più spesso degli articoli più brevi, mantenendo comunque il mio occhio critico senza perdermi nella “quantità”.



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