domenica 28 febbraio 2010

Alieni e alienazioni


Procediamo con la decostruzione.
In pillole,
pregi e difetti di Avatar:


- Porta avanti una nuova VISIONE del cinema con effetti in alta definizione 3D, si concentra tecnicamente sulla creazione di un nuovo universo per sfruttare al massimo le potenzialità di questa macchina fantastica. Così come “M” di Fritz Lang [1931] ha valorizzato il passaggio al cinema sonoro, questo film ci permette di vedere meglio, in modo più approfondito, e, alle volte, vedere per la prima volta la magia del cinema fantastico. Avatar produce una nuova estetica del cinema, concentrandosi sul bello e sulla sua rappresentazione tramite immagine.
- MA, c’è sempre il ma. Essendo un kolossal della forma estetica ed essendosi preoccupato così tanto di quella che è la forma di questa nuova visione, è stato tralasciato molto a livello del contenuto. Avatar è un concentrato di “già visto e già sentito” nonostante rilegga il tutto sotto l’occhio tridimensionale del cinema IMAX, a livello di script è molto povero. Non produce nuovo senso, rielabora il senso precedente sotto una nuova ottica. Sono stati citati moltissimi film da cui Cameron avrebbe potuto attingere per la sceneggiatura di Avatar: Pocahontas, Matrix, Atlantis, Aida degli Alberi, Ferngully. (Per approfondire questi temi vi rimando al link).

Ora, permettetemi una piccola riflessione riguardo una delle tematiche portanti della trama. Ciò che di Avatar mi ha colpito di più e addirittura disturbato a livello etico. Tralascio la vicenda, il contesto di Pandora, il concetto di visione (che ho già trattato in breve) e gli alieni blu per concentrarmi unicamente sul tema del doppio, che permea tutta la durata del film.
Un ragazzo paraplegico, ossia una persona con delle limitazioni fisiche e una voglia di riscatto (si parla di un progetto scientifico affidato a suo fratello, ma dopo la sua prematura scomparsa viene scelto il nostro protagonista, per cui inizia a profilarsi già un “
paragone” ed una duplicità) si trova di fronte alla possibilità di risolvere ogni problema tramite un’interfaccia virtuale che trasporta la sua “anima” (nel senso cartesiano di res cogitans) in un perfetto corpo alieno.
L’evasione dal corpo naturale per il raggiungimento di una perfezione artificiale. L’abbandono della propria situazione fattuale per una
(ir)realtà virtuale.
All’interno del contesto “Avatar” (ossia, ancora una volta, Pandora e alieni blu) il discorso trova le sue motivazioni nelle limitazioni fisiche del protagonista e nella storia d’amore su cui si basa la pellicola (
Titanic anyone?), ma, considerando in maniera più attenta le caratteristiche di questa nuova realtà aliena salta all’occhio il primo elemento che potrebbe, appunto, portare all’alienazione del protagonista.

Mi stavo documentando sull’origine del termine “
Avatar”, che per me ha sempre avuto la valenza contemporanea di “doppio virtuale” nell’ambiente dei giochi di ruolo, e ho trovato delle interessanti notizie.
Secondo l’etimologia originale del termine l’avatar è l’immagine rappresentata del dio incarnato, questa accezione deriva dalla tradizione induista e viene utilizzata per definire figure chiave della religione quali le incarnazioni del dio
Vishnu: Krishna e Rama. È particolare sottolineare il fatto che la concezione induista del mondo si avvicina moltissimo a quella della civiltà dei Na ‘vi dove ogni elemento singolo è collegato ad un tutto universale tramite una rete spirituale che permette il passaggio delle informazioni, della storia e della cultura del loro popolo nel tempo. Una peculiare caratteristica degli avatar della tradizione indiana è il loro colore bluastro, lo stesso colore degli alieni protagonisti del film di Cameron.
Il termine oggi viene principalmente utilizzato nell’ambito di internet e dei giochi di ruolo (online o meno) per la creazione di un doppio di se stesso da controllare a proprio piacimento. Sono io a caratterizzare il mio avatar, scegliendo attributi fisici adatti e tratti peculiari che possono distinguerlo dagli altri avatar. I celebri videogiochi online come “
World of Warcraft” ne sono una prova: il mio avatar diventa ciò che io non posso essere.
Il problema degli avatar online è un problema serio. La duplice valenza del termine, però non ci permette di sapere con certezza se
Cameron voglia parlare della realtà virtuale che, sempre di più prende piede nel nostro mondo, alle volte soppiantandolo completamente (vedi eXistenZ di David Cronenberg [1999]) oppure di questa valenza mistica e spirituale propria di una religione animista.


Al di là delle implicazioni fisiche del protagonista del film, la scelta di rendere “
vincente” un avatar rispetto alla propria fattualità originale ha un peso notevole a livello psicologico. Viene interpretato come la soluzione perfetta ad ogni problema, una panacea virtuale.
Jake Sully non ha competenze sul campo militare data la sua menomazione, è depresso, avvilito ma una volta conquistato il suo avatar diventa un vincente. Il progresso vince sulla natura, paradossalmente. Come possiamo ricordare nel film Matrix [1999], non ha importanza se il cibo che mangio è reale o meno, se il sapore di bistecca è veramente quello di una bistecca, mi soddisfa mangiarlo e la stessa irrealtà che mi circonda produce il mio piacere. È veramente un mondo costruito per me, per i miei bisogni. [Video quì]

Prendo spunto dal film per proporre a voi lettori, come di consueto, l’approfondimento verso una tematica che trascende l’interpretazione del film in se.
La vita di ognuno di noi si riflette nelle scelte che compiamo giorno dopo giorno, da quelle apparentemente inutili a quelle fondamentali per la nostra esistenza. La scelta che il protagonista compie al termine della pellicola è molto importante, coinvolge tematiche di bioetica e genetica poiché Jake, inseguendo il proprio sogno (e attenzione alla parola sogno, nell’accezione freudiana ossia desiderio) decide di sacrificare il proprio corpo e la sua identità difettosa per trasferirsi completamente su Pandora e avere tutto ciò che ha sempre voluto. Corpo perfetto, amore e potere.

L’ideale della perfezione (estetica e non) viene inseguito da questo film fino al totale annichilimento della natura, è un messaggio paradossale se ci si sofferma, proprio perché le tre ore di durata della pellicola non hanno fatto che ripetere quanto fosse importante la natura e l’appartenenza ad un popolo.
Trasportando la visione fantastica di Cameron a quella, molto meno gradevole, della generazione di adolescenti e adulti del nostro mondo alle prese con internet e la realtà virtuale una scelta del genere non sarebbe la più consigliabile. Per questo, ripeto, il problema degli avatar (a trecentosessanta gradi) è un problema importante a livello soggettivo, coinvolgendo la sfera sociale e psicologica dell’individuo in formazione che si confonde tra l’immagine di se reale e quella di un se artificiale.
Se mai fosse possibile una scelta, cosa credete che sceglierebbero?
E questa, cari lettori, è anche eugenetica.


4 commenti:

  1. Interessante analisi.
    Essendo che il film di per se non e' riuscito a prendermi ho dato per scontata un' eventuale implicazione psicologica sulle menti piu' "deboli". Cavolo, mi ha inquietata! O.O
    sara' che il complottismo va di moda ma mi hai dato spunto per elucubrazioni che altro che i maya gli egizi e Giacobbo!

    ancora complmenti!

    Sara

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  2. Io non la vedo così.

    Per me il film è il classico schema del "attraverso gli occhi di un altro posso riuscire a vedere cose che prima non concepivo nemmeno".

    E il fatto che Cameron abbia usato l'avatar per esprimere il concetto è solo una scelta estetica e di sceneggiatura.

    Anche in District 9 c'è lo stesso tema, solo con un altro stratagemma narrativo.

    Più che di scelta politica parlerei di scelta commerciale visto che in questi ultimi anni i giochi tipo WOW spopolano.

    E comunque il film è un'esperienza sensoriale senza precedenti al cinema e credo che questo sia il suo massimo pregio ed anche l'unico elemento veramente rilevante.

    ^^

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  3. Complimenti, bellissima analisi.
    Ho imparato un sacco di cose! :)

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  4. oh, mi trovo assolutamente d'accordo.
    a parte che a me il film non è piaciuto nemmeno da un punto di vista estetico e il fatto che sia stato usato il 3D non mi fa cambiare idea sul fatto che sia una pellicola registicamente e concettualmente vecchia.
    ma inoltre da un punto di vista etico, andando al di là del messaggio finto naturalistico che è solo una gran paraculata per arruffianarsi gli spettatori, il trionfo dell'avatar sul corpo umano è alquanto sconfortante

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