lunedì 31 gennaio 2011

Giappone nichilista

Il primo argomento del 2011 è qualcosa che mi ronza in testa da molto tempo e che non vedevo l'ora di poter condividere su questo blog. Una riflessione scaturita dall'approccio professionale con il cinema del Giappone, spesso incompreso o male interpretato.

Ultimamente ho partecipato alle proiezioni della retrospettiva Nihon Eiga al Cineclub Detour, queste serate si proponevano l'intento di espandere l'orizzonte visivo dello spettatore cinefilo amante del Giappone. Mettere tanta carne al fuoco e assaggiare un pochino di tutto, così come da tradizione della cucina orientale, perché il Giappone non è solo l'animazione di Miyazaki o l'horror di Ringu (per dirne uno).

Per questo piccolo articolo vorrei proporre un confronto, sempre sul fronte giapponese, di due film che si differenziano per stile e per contenuto ma che riflettono entrambi sulle sorti del Giappone contemporaneo.
La prima pellicola è l'esordio alla macchina da presa del celebre regista/attore Takeshi Kitano: il film è Violent Cop del 1989. La seconda pellicola è più recente e, forse, meno conosciuta: Kamikaze Girls di Tetsuya Nakashima del 2005.

Entrambe le pellicole concordano su una visione sociale del Giappone contemporaneo di stampo nichilista. Una realtà, specialmente quella fuori dai grandi centri abitati, che comportano un altro tipo di nevrosi e alienazioni, segnata dalla forte presenza di criminalità e malessere.
Kitano ci mostra un poliziotto che, accantonando l'etica e ogni forma di inutile buonismo, guarda in faccia l'odio ed il fondo nero dell'esistenza, per abbracciare in pieno il nichilismo e agire di conseguenza, annullando il male alla radice. Il poliziotto violento con il volto di Kitano è l'esempio dell'uomo attivo di stampo nietzschiano/deleuziano, che trascende ogni forma di morale e agisce unicamente secondo la propria volontà (di potenza).
Non è per niente facile compiere una scelta di questo tipo. Si travalica ogni confine di umanità, di pietà e si vive perennemente al limite tra la bestia e il dio. Infatti, il protagonista del film è tormentato da sensi di colpa a differenza degli eroi senza macchia e senza paura delle pellicole americane.
La sequenza conclusiva di Violent Cop è l'emblema, non solo del cinema di Kitano, quanto di una vera e propria weltanschauung di stampo superomistico, dove l'eroe è pronto a sacrificare qualunque cosa, anche i suoi affetti e la sua stessa vita, per sradicare il male dal mondo e ricominciare daccapo.
Un altro personaggio di questo stampo è V, protagonista del film V for Vendetta, di cui abbiamo parlato esplicitamente qualche tempo addietro (per leggere l'articolo, clicca quì!).

Cosa avviene di simile in Kamikaze Girls? E cosa di meno simile?
Chi ha visto il film mi starà prendendo per pazzo perché, oltre gli occhi a mandorla dei personaggi, non sembra esserci niente che leghi queste due pellicole. Anche a livello di autorialità del film, uno è di Takeshi Kitano, un maestro della cinematografia, e l'altro è di un regista sconosciuto e rivolto ad un target di adolescenti.
Lasciatemi spezzare una lancia in favore di questo film che, dal punto di vista registico, ho trovato veramente ottimo. Alcune sequenze sono molto originali come messa in scena ed il lavoro di montaggio è altrettanto buono. Purtroppo i dialoghi sono completamente idioti. Peccato.
La protagonista, Momoko, vive nello stesso Giappone in cui vive Kitano ed è immersa nella stessa realtà. La sua reazione, però, a differenza di quella del nostro eroe dal grilletto facile, non è per nulla attiva ma estremamente reattiva. Guardando il fondo del baratro ed il volto unto e schifoso della vita, la risposta di Momoko è la creazione di un mondo fittizio pieno di dolcezza, fronzoli e canzoncine.
La nostalgia di cui ci parla Nietzsche, ossia il maniera sbagliata di guardare al passato, viene ripresa da Momoko nella sua opera di rivisitazione del periodo Rococò tramite la riattualizzazione dello stile Lolita.

L'intera realtà di Momoko non è nient'altro che una maschera apollinea, come scriverebbe il Nietzsche de La nascita della tragedia che si finge reale per distogliere l'attenzione dalla "vera realtà", quella che preferiamo non vedere perché ci spaventa e ci disgusta.
Ora, la mia riflessione è, come al solito, legata ad una serie di temi che ritornano. Uno che mi sta molto a cuore è l'eticità del cinema che, come ogni forma d'arte riconosciuta, deve portare il fardello dell'effetto che avrà su coloro che ne fruiscono. Una certa responsabilità se vogliamo.
Film come Avatar, Matrix, Inception, suggeriscono tutti il tema della realtà parallela e della possibilità di scegliere tra l'effettivamente vero ed il vero rappresentato. Film del genere hanno sulle spalle un grande peso perché l'esito di queste pellicole avrà una ripercussione sullo spettatore giovane che si pone gli stessi interrogativi.

Kitano, seppur in maniera barbara, consiglia di prendere il toro per le corna (o la vita per le palle).
Nakashima, invece, consiglia ai giovani di rincoglionirsi in un mondo fittizio sperando che, un giorno, magicamente, i problemi della vita scompaiano e tutto si trasformi in una zuccherosa torta da mangiare in compagnia degli amichetti.

Sempre per sottolineare il valore (e la sua responsabilità etica) che il cinema  ha nel rapporto tra realtà e immaginazione, vi propongo questo divertente filmato, che molti di voi avranno già visto postato su Facebook, che ha stimolato intellettualmente il sottoscritto per la stesura di queste riflessioni. Enjoy!





1 commento:

  1. bello questo blog!!! interessante e anche intuitivo come layout!
    piacevole da leggere. ciao a presto!

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