sabato 26 dicembre 2009

Un verde Natale

É Natale per il cinema, come abbiamo visto nel mio articolo precedente, ma lo è soprattutto per la televisione in questo periodo. I palinsesti di tutte le reti sono tempestati di programmi festivi e qualche film, pieno di ragnatele, viene riportato alla luce solo per qualche giorno all’anno.
Tralasciando le milioni di pellicole della serie: “Qualunque vecchietto barbuto a Natale potrebbe essere Santa Claus in incognito (e fidati, alla fine del film si scoprirà inevitabilmente che lo è)”, in questi giorni ho rivisto con gioia i titoli di alcuni dei miei film preferiti.
Chi mi conosce sa che non ho avuto molti eroi nella mia infanzia, ma uno di questi è sicuramente stato “Il Grinch”.
Questa è una pellicola molto valida che affonda le radici nella letteratura per ragazzi americana del famosissimo Dr. Seuss, autore di culto per molte generazioni di ex-bambini. Seppure io non riponga molta stima nel vecchio Ron “Richie Cunningham” Howard, per aver accettato di riproporre sul grande schermo l’opera letteraria di Dan Brown, arrivando ad un notevole successo di pubblico in maniera assai facilotta ed assicurandosi un gran compenso per la trasposizione di tutti i capitoli della saga del prof. Langdon, devo ammettere che con questo film ha dato il meglio di sé. Ha colto la vena satirica dei romanzi del Dr. Seuss (comunque, ripeto, letteratura per bambini, addirittura in rima) e l’ha adattata per un audience più maturo, per questo motivo il film non è consigliabile solo ad un pubblico giovane, ma a tutte le età. Il Grinch di Jim Carrey non è favolistico, ma satirico, acido e politicamente scorretto; se la prende con gli stessi bambini e gli innocenti omini di Whoville, non risparmia niente e nessuno, come il suo alito puzzolente, è pronto a distruggere qualunque tradizione natalizia e rivoluzionare la concezione delle feste, anche solo per il gusto di farlo.
Verde e cattivo, impersonato dal grandioso Jim Carrey nel film del 2000, questo personaggio riesce a ribaltare i cliché del periodo festoso della città di Whoville rubando il Natale. Ora voi immaginate di vivere in un mondo perennemente innevato, simile alla “Christmas Town” del Nightmare before Christmas burtoniano tanto in voga in questi ultimi anni, che aspetta in trepidazione 365 giorni ogni anno per festeggiare l’unico momento che valga la pena di festeggiare. Tanti piccoli omini con il musetto da topo e i dentoni, impregnati di spirito natalizio dalla punta dei loro improbabili cappellini babbeschi alla suola delle scarpette appuntite, vedono sfumare il loro prezioso Natale per colpa di un cattivissimo e pelosissimo mostro verde che li odia e farebbe di tutto per rovinargli la festa. Eccola che arriva, la dissonanza, il Grinch non è uno di loro e non trascorre giornate intere ad impacchettare scatoline o decorare la casa, è quella forza rivelatrice e dissestante che permette agli abitanti della gioiosa città di riflettere sulle loro esistenze. Il filosofo idealista Hegel chiamerebbe questo verde amico “l’antitesi del Natale”, in senso dialettico ovviamente, perché all’interno dei tre momenti di cui il film è composto è quella forza che si oppone alla banalità delle insensate festività natalizie.
Dallo scontro tra la tradizione, personificato dalla figura del sindaco, ed il mostruoso Grinch, scaturisce quella riflessione che permette alla piccola protagonista della vicenda, la dolce Cindy Lou, di porre le giuste domande e trovare le risposte adatte per valutare il Natale e dargli una nuova connotazione. Così come l’intera filosofia hegeliana, il film è molto ottimista e consente di godere del periodo di festa sotto una nuova ottica, quella tradizionale americana, che trascende completamente la visione cristiano-religiosa che appartiene alla nostra cultura da sempre.

1 commento:

  1. Non avevo mai valutato il Grinch, che adoro, da un punto di vista filosofico. Interessante...^^

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