martedì 12 ottobre 2010

Everybody loves Gianni Canova!

Vi segnalo per intero l'editoriale della rivista Duellanti diretta da Gianni Canova, famoso critico cinematografico, autore di una serie di testi di approfondimento su Lynch e Cronenberg di cui sono geloso possessore!
A quanto pare, lo stesso Canova possiede l'Occhio Scavatore (e ce l'ha pure più grosso del mio), scavando molto in profondità nell'industria cinematografica di cui è sempre stato uno dei protagonisti italiani.

A volte, anche gli amici sbagliano. A metà Luglio, in un intervento pubblicato su La Stampa, Steve Della Casa commentava con toni entusiastici la decisione di Marco Müller di dedicare la retrospettiva della Mostra di Venezia al cinema comico italiano, salutandola come un oggettivo “sdoganamento” dei cinepanettoni e della loro vitale comicità “fascennina”, che solo la critica “pensosa” non sarebbe in grado di comprendere e apprezzare.
Ora: io confesso che comincio a non poterne davvero più, in questo Paese, del disprezzo ostentato verso tutto ciò che ha a che fare con il pensiero. Parlando di critica, in particolare, la pensosità (cioè la capacità di riflettere, collegare, analizzare, interpretare...) dovrebbe essere una qualità costitutiva. Cosa vogliamo? Una critica giocosa? Lussuriosa? Gaudiosa? Facinorosa? Magari. Ma per esserlo, e continuare nello stesso tempo ad essere “critica”, la critica stessa non dovrebbe mai rinunciare all'esercizio del pensiero. Anche a costo di apparire noiosa a Müller e all'establishment che l'ha voluto alla guida di Venezia.
Del resto, se e quando smette di essere pensosa, la critica rischia di incappare negli errori in cui cade Steve Della Casa nel suo articolo. Per esempio: nell'antica Roma i fescennini erano manifestazione di una comicità volgare ma plebea, autenticamente popolana, che ha ben poco a che vedere con la tradizione del nostro cinema comico. Il quale è invece perlopiù espressione di una comicità piccolo-borghese con un oggettivo sostrato razzista, sessista, patriarcale e conformista. Non sarà chic dirlo e scriverlo, ma io lo dico e lo scrivo lo stesso. E aggiungo che trovo molto discutibile la scelta di dedicare la retrospettiva della Mostra D'Arte Cinematografica di Venezia non alla riscoperta del cinema di ricerca, sperimentale e disturbante, quello che il mercato ha sempre osteggiato e marginalizzato, ma un cinema che -almeno in Italia- coincide con il mercato e lo monopolizza e lo fa suo, e che non ha certo bisogno di una retrospettiva pagata con denaro pubblico per essere conosciuto. Ma tant'è. Volesse essere veramente trasgressivo, Müller dovrebbe metterlo in concorso, un cinepanettone. O un film di Tinto Brass. Ma questo non lo farà mai. Non glielo farebbero fare. Quello che fa per far passare l'idea che non ci sia altro cinema che questo e che l'altro cinema sia noioso e comunista. Anzi: pensoso, vade retro.

Ogni tanto un'apologia della critica pensosa è utile per far capire che è questa la strata verso la quale ci si deve indirizzare per fare critica seriamente e con criterio. Al cinema non servono le recensioni, non servono i punteggi o le scale di merito, servono due occhi ed una pala per scavare.


2 commenti:

  1. Ormai va di moda difendere l'indifendibile,trasfigurare e camuffare malamente ogni cosa che sia qualitativamente pessima ma che sfortunatamente "piace" al grande pubblico.E naturalmente così si fa anche con i cinepanettoni.Ahimè.

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