lunedì 17 gennaio 2011

Il collezionista di sguardi

Come vi ho annunciato settimana scorsa, il mio intento è quello di proporre un mega-giga riassuntone della mia tesi di laurea triennale (disponibile da scaricare QUI) e di spiegare che ruolo importante ha avuto il blog de "L'Occhio Scavatore" in questa mia impresa.

La premessa principale è che bisogna porre una grande attenzione al rapporto dello spettatore con lo spettacolo e, a sua volta, con ciò che collega questi due elementi, ossia: lo sguardo.
Volendo essere molto poco accademici e quasi provocatori, io voglio affermare che non ci sono film "belli" e film "brutti". Il giudizio che può essere formulato su una pellicola ha una grandissima componente di soggettività ( coinvolge, quindi, la sfera del nostro vissuto) e, se non per trastullarci durante una serata in compagnia di amici, non è consigliabile formulare un giudizio dalle pretese apodittiche su un'opera d'arte, che sia cinematografica o di altro genere.

Il film non deve essere guardato per essere giudicato nella sua forma estetica (mi piace/non mi piace) con pretese di universalità, lo spettatore deve far lavorare in coppia entrambi gli occhi di cui è fornito per avere una visione completa dell'oggetto di questo sguardo.
L'occhio spettatore giudica l'ambito dell'estetica, della soggettività e mi permette, oltre al giudizio, di sentire il film ad un livello più intenso, emotivamente. Questa è una componente fondamentale nel cinema, specialmente quello contemporaneo, che richiede un forte godimento dallo spettatore e cerca di fornirglielo in tutti i modi. Attraverso l'occhio spettatore (o occhio comune) noi siamo in grado di trascorrere una serata piacevole con una commedia, o una altrettanto piacevole con un film horror, per godere in modo diverso del contenuto (sempre diverso) del nostro sguardo.
L'occhio scavatore, invece, è una componente razionale che non ha facoltà di giudizio. Non si occupa del piacere di un film, ma ne estrapola le componenti fondamentali e le affronta in maniera che esulano il godimento. Questo è l'occhio del filosofo al cinema, colui che riesce ad accantonare il proprio piacere personale e giudicare positivamente anche un "brutto film" se questo ha una grande forza storica.

L'operazione iniziata con questo blog è stata, per la mia esperienza, fondamentale. Senza le numerose analisi affrontate su questo spazio web non avrei potuto farmi le ossa per intraprendere un cammino così intricato e, soprattutto, non avrei potuto convincere me stesso della validità di questa teoria. Ogni film ha qualcosa da dire, se non a livello di storia del cinema, forse a livello sociologico. Se non a livello sociologico, forse a livello psicologico, e così via. Da ogni film è possibile estrapolare qualcosa per costruire il proprio edificio culturale e scoprire nuove cose sul mondo e su chi lo abita. Se ci fermassimo alle categorie estetiche e al godimento, tutto questo perderebbe di senso e la visione filmica sarebbe finalizzata alla propria masturbazione totale e personale (così come, secondo me, finirà la storia del cinema commerciale).
Il godimento è, senza dubbio, una cosa positiva. Anzi, è l'apice massimo della positività, sia dal punto di vista fisico che psicologico, ed è probabilmente la traduzione moderna del termine "felicità".
Ma il godimento non basta. Al filosofo non basta essere felice perché anche nell'infelicità c'è molto da scoprire e molto da indagare, forse molto più di quanto si creda.

Giudicare un film è una parte del lavoro, chi giudica senza senza scavare sarà sempre orbo di un occhio.

Nessun commento:

Posta un commento