domenica 20 dicembre 2009

Per farci due risate ... ma neanche troppo!


Serata in compagnia, serata di risate, l’ottima cornice per una commedia da guardare in Tv.
Magari il 90% degli italiani in questo periodo natalizio si dirige in massa al cinema per farsi contagiare dalla febbre del
Cine-panettone e lasciarsi deliziare dalle splendide grazie della bellona di turno, dalle espressioni plastiche dell’erede di De Sica e dalle classiche espressioni in dialetto che coloriscono il nostro bel paese. Il mio occhio (scavatore), mi dico, merita di meglio.
Per concludere in bellezza questa serata di divertimento ci dedichiamo al cinema comico; prendendo un virtuale aereo e, dopo una traversata oceanica non indifferente, ritrovandoci al sole tropicale delle Hawaii con “
Forgetting Sarah Marshall” ["Non mi scaricare," Universal Pictures 2008].
Vi dico la verità, questo film l’ho già visto, ma non una, almeno almeno altre 3 volte. Eppure continua a farmi ridere, continua a farsi guardare con gioia; citando Ben Stiller nell’episodio pilota della serie britannica “Extras”: "Posso prendere un orfano e fargli vedere Dodgeball in dvd, riderebbe a crepapelle ma sarebbe sempre un triste orfano, cosa potrei fare per lui? Potrei fargli rivedere Dodgeball ancora una volta, riderebbe ancora, ma dopo la sesta, settima volta… probabilmente riderebbe ancora.

Non ho intenzione di fare una recensione di questo film, non credo ce ne sia bisogno. Non ha particolari tematiche che andrebbero approfondite, è una semplice storia d’amore con tanti attori famosi e comparse divertenti. Mi limito a dire che il film mi piace, non voglio dare un valore universale al mio giudizio. É una mia opinione (qualche reminescenza da terzo liceo? La “doxa” di Parmenide e Platone? Dai che ve lo ricordate), forse non è un bel film o una pellicola imperdibile, ma sicuramente è un film che mi diverte.
La domanda, ora, mi sorge spontanea. Eliminate tutte le opinioni e cercando di scavare nella radice del genere comico contemporaneo, per quale motivo un film del genere mi rallegra la serata ed un Cine-panettone me la rattrista? Non ho il tempo di dilungarmi sul confronto tra il genere della commedia americana (in questo caso, influenzata da quella britannica per la presenza del geniale Russel Brand) e quella italiana, per cui parlerò direttamente del film “Forgetting Sarah Marshall” rispetto ad una qualunque commedia Cine-panettone diretta dai Vanzina o da Neri Parenti.
In prima istanza avevo pensato di buttarmi sul giudizio moralista, una mia costante, ma, pensandoci bene, dal punto di vista linguistico e visivo, il film scritto ed interpretato da Jason Segel è molto volgare. Parolacce a valanga, scene (più o meno esplicite) di sesso, comicità fisica e qualche battutina facile. Gli ingredienti classici di una commedia degli ultimi anni, specialmente in terra statunitense, dove i componenti del Frat Pack si alternano alla scrittura, regia ed interpretazione di moltissimi film all’anno.
Per cui non posso giudicare male un Cine-panettone per la sua volgarità, dato che ormai è una componente fissa della comicità mondiale.
Ciò che ho pensato in seguito si è rivelato molto più fruttuoso, ossia, non mi lamento della insulsa trama di questi film italiani, perché ve ne sono altrettanti molto più idioti in terra straniera. Posso citare le saghe dei vari “Disaster Movie”, “Epic Movie”, “Decameron Pie”, ecc. Non sono esterofiliaco fino a questo punto. Non amo il cinema nostrano, questo è vero, ma se mai partoriremo un buon prodotto filmico sarò il primo ad accettarlo tra le mie braccia e coccolarlo (magari cantando una bella canzoncina di Sanremo, mangiando la pizza, vestito da Pulcinella).
Ancora una volta, non posso giudicare male un Cine-panettone per la sua trama inconsistente, dato che, anche questa, purtroppo, è una componente importante di un certo genere di film.
Ora, raccolti gli ingredienti per un film comico, sono in grado di analizzare il “cosa ed il come”, ossia la sostanza di un una pellicola è composta, il suo contenuto e la sua forma. Eppure manca qualcosa. La parte che, secondo me, è fondamentale per permettere finalmente di esprimere il mio giudizio su questi due film: manca il “perché” tra le mie considerazioni.

La domanda più naturale che mi posso porre. La domanda che sono abituato a pormi.

“Perché Natale in India (o in crociera, o ai caraibi, o a New York o dove vi pare) è, ai miei occhi, un film triste, rispetto a Forgetting Sarah Marshall?”
Perché quella del Cine-panettone è un’industria. Una catena di montaggio, una banale rappresentazione su pellicola cinematografica di ciò che la gente vuole vedere al cinema. Un film del genere è stato prodotto per fare soldi, nient’altro. Pubblicità, pubblicità, pubblicità. Ai luoghi di vacanza, alle nuove marche di cellulari, alle vallette che monopolizzeranno la televisione nazionale per tutto l'anno a venire, per i calendari delle stesse, per la povera carriera di comici esordienti e privi di idee proprie per fare film, di ideali di vita da vendere e da comprare. Roba finta, fondamentalmente è roba finta.
Anno 2009, presentazione di “Natale a Beverly Hills”, intervista a Christian De Sica che dichiara : “Ormai la trama ce la siamo scordata!”. Non gli interessa, non è per quello che fanno il film. È senza dubbio una cosa imbarazzante. Lo è per loro come lo è per il qualsiasi regista americano che viene “comprato” per girare un film su commissione di cui non ha cura e interesse.
Forgetting Sarah Marshall è, senza dubbio, un film migliore perché è stato concepito come un film migliore. È stato accudito fin dalla nascita, gli sono state fornite le cure necessarie per crescere e maturare. Ha un “senso”, ha un “perché” che rientra nell’ambito dei “perché cinematografici”. Come direbbe Kant, ha un buon movente, il suo movente è esso stesso. Questa è l’unica cosa che fa di un film un vero film e non un prodotto cinematografico qualunque. Che sia, italiano, francese o girato con un cellulare da un ragazzino in canottiera, il cinema deve vivere della passione di chi lo supporta, come l’arte in generale, altrimenti diventa merda. Ma non “Merda d’artista”, merda e basta.

1 commento:

  1. Le ultime frasi sono un capolavoro!! Se non sono citazioni ti dichiaro genio!
    Davvero, complimenti. Sto leggendo vari tuoi articoli e hai una buona fluidita´di penna e gli accenni filosofici potrebbero essere il tuo marchio di "fabbica", davvero originali e gradevoli. (Scusami gli ultimi aggettivi da signora che beve il the´delle 5 cpon le amiche del club dell´uncinetto..)
    Ne approfitto anche per gli auguri di bune feste e che nell´anno che verra´possa leggere ancora tante recensioni cosi´.
    Saluti,
    Sara B.

    RispondiElimina